È ancora notte fonda nello stabile di Viale Giotto 120 a Foggia l’11 novembre 1999.

La città dorme, e tutto è silenzio. Improvvisamente un boato squarcia la quiete della notte. Alle ore 3.12 il palazzo di sei piani crolla. Il collasso, registrato dai sismografi dell’istituto Specola Nigri, dura 19 secondi. 19 secondi per spazzare via la vita di 67 persone.

Partono immediatamente i soccorsi; secondo le prime testimonianze, circa 80 persone potrebbero essere rimaste sepolte sotto le macerie dello stabile. Vengono salvate nove persone, la maggior parte delle quali abitano ai piani più alti. Una famiglia, che aveva sentito strani rumori e aveva tentato di avvertire l’amministratore del condominio e i vicini, si era messa in salvo poco prima del crollo, e viene ritrovata in stato di shock, ma in buone condizioni.

A causa della sicura presenza di persone sotto le macerie, non possono essere utilizzate scavatrici. I Vigili del Fuoco, i volontari e i cittadini di Foggia lavorano per tutta la notte e il giorno successivo per rimuovere le macerie, servendosi di cani da ricerca e geofoni.

Negli scantinati dello stabile scoppia anche un incendio, dovuto alla presenza di materassi. Un denso fumo ricopre l’area colpita, ostacolando le operazioni di ricerca e, probabilmente, uccidendo alcune persone sopravvissute tra le macerie. L’ultimo sopravvissuto viene estratto dai resti del palazzo circa quindici ore dopo il crollo e viene considerato un "miracolato".

Due giorni dopo la terribile tragedia, si celebra una pubblica messa nei locali della Fiera di Foggia, dove le salme erano state precedentemente portate.

Lo stabile consisteva in un complesso di 26 appartamenti, costruito poco meno di 30 anni prima. Per le cause del crollo vengono avanzate numerose ipotesi. Le prime, relative a un’esplosione dovuta a una fuga di gas vengono subito abbandonate. Si sposta poi l’attenzione su dei lavori di ampliamento del garage sotterraneo, supponendo che durante le opere edili fossero stati danneggiati o rimossi dei pilastri portanti.

Alcuni parenti delle vittime dichiarano che fin dall'agosto precedente si erano sentiti scricchiolii e rumori nella struttura, e che erano stati frequentemente notati disallineamenti nelle porte e nelle finestre; ma le prime notizie di possibili pericoli strutturali risalivano a due anni prima della tragedia, e avevano portato ad un’ispezione tecnica che però non aveva dato risultati.

Alla fine la causa viene individuata nella scorretta esecuzione dei lavori di costruzione dello stabile e nella cattiva qualità dei materiali utilizzati. Secondo i periti il palazzo aveva pilastri costituiti per il 60% di sabbia.

I costruttori dello stabile, i fratelli Raffaele e Antonio Delli Carri, che vivevano in un attico all’ultimo piano dello stabile, erano morti nel disastro. Il progettista dello stabile, l'Ing. Mario Inglese, era morto alcuni anni prima del crollo. L’inchiesta viene ufficialmente chiusa il 21 marzo 2007 e conferma che le cause risiedevano esclusivamente nella cattiva qualità dei materiali utilizzati per l’armatura strutturale.

Grande il senso civico dei cittadini di Foggia nei giorni successiva la tragedia. Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi visita la città, e, su loro richiesta, incontra i parenti delle vittime per poi tenere una conferenza stampa. L’edificio gemello costruito con gli stessi criteri viene subito evacuato e demolito.

Il bilancio definitivo è di 67 vittime, suddivise in 61 corpi recuperati e 6 dispersi. Presso il cimitero cittadino di Foggia viene eretto un monumento in ricordo della tragedia, mentre l’11 novembre 2009, in occasione del decimo anniversario del disastro, una piazza cittadina è stata dedicata alle vittime di Viale Giotto 120. In seguito sul suolo dove era situato l’edificio è stato creato un giardino con 67 arbusti, pari al numero delle vittime, e un monumento a forma di cuore con incisi i nomi delle stesse.

Foto 1 di Vincenzoxvivolo - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=83960904
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