È il 7 giugno 1918, un relativamente tranquillo venerdì, nella campagna vicino a Milano.

La fine della Prima Guerra Mondiale è alle porte ma ancora si producono munizioni. Nella tarda mattinata un’esplosione devasta lo stabilimento Sutter & Thévenot di Castellazzo di Bollate, dove lavorano oltre 1.500 operaie.

Lo scoppio avviene nel reparto spedizioni che risulta completamente sventrato. Sul posto arrivano in decine a soccorrere le vittime e tra essi c'è persino Ernest Hemingway, allora diciannovenne volontario della Croce Rossa, dove presta servizio come autista di ambulanze.

Il chronicon, un diario di bordo redatto dal parroco dell’epoca, descrive così l’incidente: “uno scoppio sentito alla distanza di 30 chilometri e che produsse allo stabilimento e paesi limitrofi di Castellazzo, Bollate, Garbagnate, Senago la rottura di vetri in tutte le case, chiese, asili, scuole e stabilimenti, giunsero da Milano automobili della Croce Rossa con tutti i mezzi di soccorso.

Dalle 14.30 fino alle 21 fu un continuo andirivieni di automobili, che portarono autorità sul luogo del disastro. Vi accorsero prontamente i Parroci di Castellazzo, Senago e Pinzano per i soccorsi religiosi. Sua Eminenza il Cardinale Arcivescovo, appena informato della gravissima disgrazia, si recò immediatamente sul posto visitando la località colpita dallo scoppio, benedicendo i morti e confortando i feriti meno gravi, soccorsi sul luogo, e gli operai rimasti illesi.

Per descrivere l’ambascia e il cordoglio di tutti e specialmente dei Castellazzesi in quella terribile giornata penna umana non basterebbe; l’improvvisata sala mortuaria sembrava un vero carnaio; alle ore 22 il Parroco si trovava ancora una volta presso tanta desolazione per constatare de visu la morte di qualcuna delle sue giovani parrocchiane”.

La tragedia che pure provocò 59 vittime e oltre 300 feriti, cadde ben presto nel dimenticatoio. La forte censura bellica e la propaganda in positivo minimizzano l'accaduto. In qualche giornale dell’epoca il fatto viene menzionato ma si parla di una trentina di feriti e non si dà rilievo alla reale portata dell’incidente.

La maggior parte delle vittime sono donne. Molte avevano vent’anni, la più piccola appena quindici. Erano giovanissime le operaie morte nell’esplosione poiché la Prima Guerra Mondiale aveva dato una grossa spinta all’impiego femminile. La maggior parte degli uomini erano stati arruolati a combattere in trincea, la forza lavoro rimasta era prevalentemente femminile. Inoltre il lavoro di paraffinatura richiedeva delle mani più piccole.