È la mattina del 6 dicembre 1990, un giovedì come tutti gli altri.

È una giornata fredda ma serena a Casalecchio di Reno quando gli studenti dell'Istituto Salvemini entrano nelle loro classi per seguire le lezioni.

Mentre inizia la prima ora, alle 8:40 circa, un aviogetto da addestramento Aermacchi MB-326 MM54386/65 stacca dalla pista dall'aeroporto di Verona-Villafranca.

Poco sopra l'abitato di Casalecchio, però, il tenente Bruno Viviani di 24 anni, pilota e unico membro dell'equipaggio, si rende conto che l'aereo diventa ingovernabile ed è costretto ad abbandonarlo lanciandosi con il seggiolino eiettabile per poi posarsi con il paracadute sulle colline di Ceretolo, riportando alcune fratture.

Nel frattempo il velivolo, ormai con nessuno a bordo, è come una scheggia impazzita. Inizia la sua folle picchiata che termina schiantandosi contro la succursale dell'Istituto Tecnico Salvemini, situata in Via del Fanciullo n°6 e prendendo fuoco.

L'aereo colpisce l'aula della classe 2ª A, uccidendo sul colpo dodici studenti di quindici anni e ferendone gravemente altri quattro oltre all'insegnante di tedesco Cristina Germani che stava tenendo lezione in quel momento.

I concitati attimi successivi vedono il combustibile fuoriuscito prendere fuoco, incendiando l'edificio. Oltre ai dodici ragazzi morti sul colpo, 88 feriti vengono ricoverati e di questi 72 riportarono invalidità permanenti in misura variabile tra il 5 e l'85%. Infatti, molti degli occupanti dei piani superiori, visto che la via di fuga è sbarrata dall'incendio che divampando sta sviluppando fumo denso e acre, decidono umanamente di saltare dalle finestre.

I soccorsi vengono prestati dal gruppo Bologna Soccorso che arriva sul posto dopo soli sette minuti dallo schianto.

L'inchiesta successiva, caratterizzata da non poche polemiche, stabilirà che si è trattato di un tragico incidente, anche se i parenti delle vittime hanno continuato a chiedere giustizia.