È il 27 gennaio 2002 a Lagos in Nigeria.

Nel quartiere di Ikeja è situata una grande base militare dove vivono molti soldati con le loro famiglie. Al suo interno vengono immagazzinate molte bombe ad alto potenziale così come numerosissimi altri esplosivi di varia natura. 

Tutti sanno che questo deposito è troppo vicino a una zona densamente popolata ma finora la convivenza non ha mai portato ad alcun incidente. Finora. 

Nel tardo pomeriggio di quel 27 gennaio in un piccolo mercato del quartiere scoppia un incendio. Le fiamme non opportunamente contrastate si propagano velocemente e raggiungono la vicina caserma militare. Il fuoco arriva con facilità nel deposito munizioni e dà il via ad una serie di esplosioni - una trentina - che scuotono la città, mandando in frantumi i vetri delle finestre in un raggio di 15 chilometri e uccidendo chi si trovava sul nei paraggi della caserma.

Le esplosioni lanciano munizioni di grosso calibro sulla città e il fuoco si estende ai quartieri vicini, dove bruciavano palazzi e fabbriche, mentre parte della popolazione, presa dal panico, tenta di fuggire. La scena è apocalittica. Oltre alle fiamme, le persone devono scappare anche da una pioggia di munizioni che piombano sulla folla come meteoriti infuocate.

Man mano che le strade diventavano sempre più affollate, le persone in preda al panico fuggono in tutte le direzioni, travolgendo coloro che hanno la sfortuna di cadere. Nel frattempo alcuni si gettano dalle finestre dei palazzi in fiamme per sfuggire alla morte ma trovando molto spesso lo stesso destino.

Nel centro di Lagos c'è un grande canale che corre da nord a sud parallelamente a una superstrada e molte persone pensano possa essere una buona via di fuga dai proiettili incendiati che cadono dal cielo.

Il canale è però pieno d'acqua e coloro che vi si avventurano si trovano ben presto a dover nuotare al buio. Nel panico che regna sovrano, il canale diventa un fiume umano con i più deboli e quelli che non sanno nuotare che vengono schiacciati sul fondo da altre persone che sopraggiungono morendo per compressione o per annegamento. Nella confusa lotta per la sopravvivenza almeno 600 persone vengono uccise, molte delle quali bambini. Molti corpi vengono ritrovati lungo il canale, mente altri, trasportati dalla corrente, vengono rinvenuti fino a dieci chilometri dall'esplosione.

Le aree colpite della città continuano a bruciare fino al pomeriggio del 28 gennaio mentre i servizi di emergenza dimostrano la loro inadeguatezza non sono disponibili abbastanza squadre antincendio o punti d'acqua per far fronte al fuoco che di conseguenza consuma gran parte della periferia nord della città. 

Anche gli ospedali vengono completamente sopraffatti, con molti feriti che vagano per ore senza alcuna assistenza medica anche se riescono a raggiungere una struttura medica efficiente. 

Il bilancio finale delle vittime finale è difficile da calcolare. Il Governo locale parla di oltre 600 morti mentre la Croce Rossa afferma che sono stati recuperati almeno 1.000 cadaveri e che alcune persone sono state dichiarate disperse e mai trovate.

Oltre ai morti, almeno 5.000 persone sono rimaste ferite nel disastro e oltre 12.000 sono diventate senzatetto, con interi distretti della città devastati.